venerdì 6 febbraio 2015

Al di là del Tevere

di Emilia Zazza




Quando ero piccola soffrivo spesso di febbroni a temperature assurde: superavo frequentemente i 40° e mi riempivano di tachipirina e antibiotici (oltre alle scientifiche pezzature di acqua ghiacciata e alcol). Il mio stomaco si rivoltava, la bocca diventava di sabbia e a quel punto mio padre, quando rientrava dal lavoro, mi portava i pescetti di liquirizia. Ora non voglio che pensiate che mio padre fosse (sia) una persona premurosa e attenta. Tutt'altro. E infatti io di questo episodio ho un ricordo neutro. Come di una cosa come un'altra che succedeva. Ma anche da adulta, insomma, sono golosissima di liquirizia, dura, morbida, salata, dolce. Tutta. Sarà perché a casa lo siamo un po' tutti. Comunque come dicevo mio padre comprava questi pescetti di liquirizia racchiusi in una bustina gialla, in un negozio di Roma piuttosto noto almeno per quelli del mio quartiere. Il negozio si chiama Castroni ed è pieno di leccornìe e dolcezze varie. Era a un passo da casa e proprio sulla strada che faceva, che fa, mio padre tornando dal lavoro.

Mio padre la percorre tutti i giorni, 4 volte al giorno, su e giù, avanti e indietro, in bici o a piedi, da 40 anni. Casa nostra è scelta con una cura e attenzione scientifica: a casa mia quello che piace, diverte, perde sempre con quello che è utile. Il piacere, insomma, non batte ma il dovere, almeno in famiglia. E contro una casa bella, grande luminosa, investimento un po' più rischioso, i miei ne hanno comprata una esattamente di fronte e più buia, piccola no, ma quanto basta per 4 persone. Anzi, quanto non basta, l'importanza era che la casa non richiedesse un sacrificio eccessivo, appunto, e che fosse comoda per mia madre, che lavorava in un ministero a Piazza Barberini (quindi metro A) e mio padre che lavorava, lavora, appunto, a piazza della Libertà. La scelta cadde su un appartamento al terzo piano di Via Cola di Rienzo all'altezza di Piazza Risorgimento. Per chi non conosce Roma o la strada, Via Cola di Rienzo inizia a Piazza Risorgimento e finisce a Piazza della Libertà, e viceversa.

Prati, il quartiere, è considerato signorile ma quella in realtà è la parte più commerciale. Via Cola di Rienzo, infatti, nel corso degli anni, si è riempita di negozi, quando meno eleganti, quando più. Accanto ai negozi, nascosti all'interno dei palazzi, Via Cola di Rienzo brulica di avvocati, come mio padre. Un maestro, si definisce. Io non lo so. Io ho preso la laurea che voleva e me ne sono andata. Prima di andarmene, però ho percorso quella strada in lungo e in largo un numero indefinito di volte. Pensate al numero più grande che riuscite a immaginare, pensate a un bambino che allarga le braccia per rispondere alla domanda: “quanto vuoi bene alla mamma?”, ecco, io di più.


A metà strada, là dove ora c'è un punto vendita Nike, e prima ancora Mango e prima ancora non so, avevano aperto il primo fast food italiano. Prima di McDonald's a Roma, prima di Eataly di Farinetti, a Via Cola di Rienzo c'era Italy&Italy e le mie prima uscite da sola (anche se mio padre si ostinava a venire anche lui, dicendo che si fermava un secondo e se ne andava subito e invece si prendeva un'insalata, lamentandosi della qualità). E il mio liceo era appena dopo lo studio di mio padre, alla fine della strada, proprio di fronte al Tevere. Sì, perché al di là di Piazza della Libertà, sempre per chi non conosce Roma, o la strada, c'è il Tevere e il Ponte della Libertà che porta a Piazza del Popolo. Non mi era concesso di attraversarlo. Per moltissimi anni quello che potevo fare il pomeriggio era arrivare allo studio di mio padre e tornare. Con delle pause in mezzo. Italy&Italy, ma anche una libreria, di quelle piccole, non era nemmeno tanto piccola, ma non apparteneva a nessuna catena, o sarà che era un periodo in cui le catene di librerie non c'erano ancora, o se c'erano erano comunque librerie e non supermercati. Comunque ci passavo un sacco di tempo. Ora c'è un negozio di abbigliamento per adolescenti. Poi quando avrei potuto attraversare quel ponte, non riuscivo a farlo. Nel periodo dell'Università studiavo fino alle 6, le 7 di pomeriggio, passavo tutto il giorno in casa, non frequentavo, insomma non è che mi piacesse moltissimo quello che studiavo, però appunto a casa, mia, piacere e dovere erano collocati in luoghi molto precisi, comunque finito in qualche modo quello che dovevo fare, uscivo. Via Cola di Rienzo a quell'ora, in qualsiasi stagione, è sempre gremita di gente, sembra un formicaio su cui qualcuno ha messo per sbaglio un piede. E all'angolo con via Fabio Massimo c'era sempre un signore che vendeva le caldarroste o i lupini, a seconda della stagione. Stava lì tutto il giorno, ma a quell'ora, alle sue spalle c'era sempre la figlia, stringeva al petto dei libri. Io arrivavo fino al Ponte della Libertà,. A quel punto potevo andare dove volevo, avevo il permesso di farlo e avevo fatto ciò che dovevo. Ma non riuscivo ad attraversarlo. Mal d'aria. Soffrivo la mancanza di terra sotto ai piedi. Poi mi è passato. Chissà.

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